Della proliferazione iniziatica
Siamo all’inizio. Ti collochi in uno spazio plurale (siamo, infatti, noi), lo spazio pubblico della parola scritta ed esposta ai venti del mare aperto del web o del Far West. Navighi in ogni caso a bordo di quel mezzo d’incanto, la scrittura alfabetica, a cui sei formato, che hai incontrato a scuola e, ancora prima, nei cartelli e cartelloni delle città, nelle sovraimpressioni della televisione, nei sottotitoli dei racconti cinematografici, nei libri pieni di figure fantastiche dei bambini, nei giornali e infine – ma c’è fine solo perché siamo, come detto, all’inizio – nella vasta rete del web. Hai deciso dunque di prendere il mare, devi ricordarlo ad ogni passo cioè ad ogni inizio. Scrivo dunque queste lettere ora e ci incontriamo nella verità pubblica. Il mio inizio è dunque già pubblico e affidato alla Geografia alfabetica italiana (e dunque anche alla sua Uranografia) o alla rete telematica mondiale prima ancora, mi perdonino i logici, di essere mio. Ecco dunque un modo di iniziare ed ecco subito un altro paradosso: come posso parlare di modo di iniziare? Se è l’inizio, non si tratta di un modo ma del modo. Narcisisticamente si può essere sedotti dall’idea che il nostro modo di iniziare sia il modo. Non è questo il mio Narciso, però. Tantomeno il mio modo di inseguire l’inizio. Situazione di una attiva paralisi: l’inizio è plurale eppure anche mio. Non possiamo insomma che essere insieme ogni che volta iniziamo, non possiamo che essere soli ogni volta che cerchiamo. Iniziati e iniziatori.